Pino Varchetta, si parla molto di disagio organizzativo e sofferenza in questo nuovo decennio, quale è il tuo punto di vista?
Da ormai più di un decennio le organizzazioni sono state attraversate da un “vento caldo” che soffia e spinge tutti i collaboratori a una sorta di sfida con se stessi, ad essere più efficienti, a vendere di più, a inventare di più, a risparmiare di più, a tagliare di più.
Il “di più” è diventato un mantra suonato da strumenti diversi, ma alla fine convergenti verso un individuale e collettivo concerto del “poter essere”.
Quale è il motivo di questo fenomeno?
Qualche osservatore sofisticato sottolinea che l’universo delle aziende è sottoposto da oltre un decennio a un processo crescente di dinamizzazione, parola forse un po’ difficile, che indica l’obiettivo economico come drive fondamentale, e per molti aspetti unico, di questa fase di un capitalismo, che sembra non sapersi più riformare.
Un capitalismo in altre parole che continua tenacemente a perseguire obiettivi economici sempre più dilatati, senza essere capace di interrogarsi, di sottoporsi a un ripensamento critico.
E le persone come reagiscono?
E … la gente “si spacca”, si frantuma.
I Top aziendali sembrano a volte distratti e in ogni caso in crisi di governance, senza una strumentazione direzionale coerente con le nuove problematiche da essi stessi create.
Le pratiche di aiuto one to one si moltiplicano sotto formule diverse, dal counseling, al coaching, al mentoring, trascurando sempre più la dimensione gruppale e organizzativa e apparendo, giorno dopo giorno, sempre meno risolutive delle crisi aziendali sempre più ricorrenti.
Cosa li potrebbe aiutare e supportare? Cosa la psicosocioanalisi e quindi l’O.D. potrebbe offrire loro?
La psicosocioanalisi propone una visione peculiare dell’organizzazione contemporanea, per far fronte alla deriva organizzativa contemporanea, attraverso l’offerta di un approccio clinico allo sviluppo organizzativo.
Approccio clinico significa gestire contemporaneamente il singolo collaboratore, la coppia organizzativa, il gruppo e l’organizzazione tutta.
Approccio clinico significa considerare l’utente dell’attività di sviluppo organizzativo come un soggetto capace, se attentamente assistito, di sviluppare le proprie potenzialità nella direzione di una interpretazione adulta dell’esperienza organizzativa.
Approccio clinico significa aiutare le persone a recuperare energie da investire verso gli obiettivi di sviluppo di se stessi e gli obiettivi posti dall’organizzazione.
Approccio clinico significa aiutare a non investire nei confronti di quelle attività che nell’esperienza organizzativo rubano risorse, come per esempio i conflitti interpersonali, le beghe di potere, i pettegolezzi aziendali, le manie burocratiche, le congiure di piccoli gruppi verso altri gruppi, e chi più ne ha più ne metta, pescando in fantasie malate di protagonismo e di narcisismo acuto.
Ma se l’obiettivo delle organizzazioni oggi è solo legato al fatturato e quindi all’aspetto economico come facciamo ad integrare l’approccio clinico con questo aspetto?
L’approccio clinico della psicosocioanalisi ha nella analisi della domanda formulata dal committente un processo iniziale e strategicamente non evitabile e fondamentale.
Faccio un esempio: la domanda del tipo “formule risolutive, immediatamente garantite e applicabili” va riflettuto col committente senza, ovviamente, atteggiamenti valutativi, di tipo super-egoici.
Tale riflessione se ben condotta può assistere il committente nella valutazione che oggi sul mercato si vinca solo con dei collaboratori efficienti e efficaci.
Oggi tale risultato si può garantire solo se i collaboratori siano aiutati a comprendere quelle parti profonde del proprio se’ non risolte e sepolte da molto tempo che, come tali, sono di impedimento al raggiungere quegli obiettivi economici così attesi dal committente
Giuseppe Pino Varchetta