Pillole di Psicosocioanalisi
Come tratti distintivi della Psicosocioanalisi (o PSOA) si possono indicare i seguenti:
- teoria di psicologia dinamica che indica la rilevante importanza dei momenti iniziali (sviluppo embrionale, nascita, primi mesi e anni di vita) dell’esistenza delle donne e degli uomini sugli esiti delle successive esperienze di vita; l’elaborazione attraverso il lavoro clinico, sia nell’universo “amore” che nell’universo “lavoro”, dei materiali riferibili alle esperienze primarie, è occasione per la costruzione, attraverso la relazione tra il paziente e lo psicosocioanalista terapeuta o tra l’operatore organizzativo e lo psicosocioanalista consulente di sviluppo dell’organizzazione, di una verità narrativa; la PSOA, cioè, è orientata a cogliere la radicale contingenza dei destini umani e a ritrovare energie per far fronte ad essi come dei “possibili” da cogliere e vivere.
- teoria del soggetto umano, interpretato in tutti i diversi setting della sua esperienza, capace di accompagnare l’Io contemporaneo nelle sue differenti molteplicità: alla base di tutto, la relazione ricorsiva e co-evolutiva tra l’universo “amore” e l’universo “lavoro” – caratterizzata dallo sviluppo di una più densa e diffusa educazione sentimentale come apprendimento unificante i due nostri universi – è vista come una nota sia strutturale che metodologica distintiva della PSOA.
- teoria e una prassi d’intervento caratterizzata da un orientamento all’attualità e al presente, collegati con l’osservazione e l’intervento in localismi specifici e definiti il più possibile singolarmente nello spazio e nel tempo; all’interno di questo orientamento, la PSOA tende a sviluppare momenti di riflessività sulla stratificazione di diversi piani di realtà all’interno dell’esperienza locale: la realtà del soggetto – individuale, organizzativo o sociale – è sempre “presente a se stessa” anche quando viene raccontata.
- si caratterizza come una psicologia del figlio, indicando la specificità umana in uno sviluppo non definibile e non esauribile, lungo una prospettiva autentica di lifelong learning: l’autonomia è in questo meno una caratteristica ontologica delle donne e degli uomini e più una nota distintiva loro attribuita dall’osservatore, e in generale dall’“altro” che, con il soggetto stesso, si pone in una relazione autenticamente co-evolutiva.
- si caratterizza da sempre nel suo porsi all’incrocio tra pensiero psicodinamico, prassi clinica e metodologie di intervento messe a disposizione dalla ricerca psicosociale, dalla teoria dei sistemi o dalla sociologia dell’organizzazione, si è sempre, ricorsivamente, interrogata circa la propria capacità di mantenersi attenta e capace di cogliere tendenze e fenomeni emergenti nella società, nelle esperienze organizzative, nei modelli di pensiero e di comportamento dei soggetti individuali e gruppali in ogni tipo di contesto. Non si contano gli stimoli da parte di Pagliarani a considerare gli apporti di autori di discipline diverse – dalla letteratura all’arte, dalla filosofia alla politica, dalle scienze alla musica, dal cinema alla pubblicità – e, naturalmente, quelli degli interpreti della storia della psicoanalisi, eterogenei per orientamento e sensibilità ma accomunati, il più delle volte, dall’essere stati posti ai margini della comunità psicoanalitica – il caso più clamoroso resta quello di Ferenczi – ma anche dall’essere ben lungi dal ricevere la giusta considerazione che solo dopo molti anni sarebbe stata loro riconosciuta. Si pensi a Balint o a Devereux, agli argentini (“i miei neo-latini”, così li chiamava) Bleger e Pichon-Rivière, ma ciò vale anche per l’ormai universalmente celebrato Bion.
- è il prodotto di una ricerca almeno trentennale, in cui le teorie psicologiche e psicodinamiche sono venute arricchendosi e ibridandosi con il pensiero e l’opera di innumerevoli altre discipline scientifiche e artistiche. I testi pubblicati in vita da L. Pagliarani ne sono una dimostrazione evidente. E ancor di più lo sono le carte personali raccolte nell’Archivio L. Pagliarani, che spaziano su argomenti di ogni genere rivelando una rete vastissima di interessi, intuizioni e connessioni di cui la PSOA ha beneficiato in continuazione.
Per alcuni anni, gli allievi di L. Pagliarani, nonché gli allievi degli allievi, formatisi per la maggior parte all’interno dei programmi formativi di Ariele, si sono proposti soprattutto di non disperdere la lezione del maestro, declinandola e utilizzandola nei diversi contesti professionali, dall’università alla consulenza, dalla pratica psicoterapeutica a quella della conduzione dei gruppi, dalla consulenza individuale al ruolo alle aule di formazione.
Al tempo stesso, sia in Ariele che al di fuori di essa, è ripresa e poi proseguita con convinzione crescente la motivazione ad andare avanti rispetto al lascito di L. Pagliarani, non solo nella convinzione che il pensiero richieda necessariamente il pur faticoso e talvolta doloroso superamento-tradimento di ciò che già è stato detto, ma soprattutto nella consapevolezza che il nucleo fondamentale del pensiero più originale lasciato da L. Pagliarani – la concezione della bellezza – richiede uno sforzo di concettualizzazione e di inquadramento teorico da considerarsi ancora non esaurito.