Ogni gruppo scrive la propria storia, se ne devono perciò rispettare le caratteristiche particolari, senza pretendere di forzare la sua operatività e il suo rendimento, in quanto esso lavora al miglior livello che gli è consentito come gruppo, in un momento.
(J. Bleger)
Il Novecento è stato definito il “secolo dei gruppi”, in quanto ha visto svilupparsi numerose ricerche sui fenomeni di gruppo, sullo sviluppo del gruppo e le sue fasi di vita: la leadership, la percezione interpersonale, il fenomeno del “capro espiatorio”, il processo decisionale, le forme democratiche, autocratiche e permissive di organizzazione.
Nel contesto della modernità novecentesca, il Gruppo Operativo se poteva essere pensato come un dispositivo di rottura e di messa in crisi di un assetto istituzionale rigido e fortemente organizzato su strutture di potere verticali, oggi esso sembra più esplicare una funzione di contenitore e di cura del pensiero, perché in grado di sostenere e allevare i processi necessari allo sviluppo di una visione di insieme che integra e connette.
Negli anni ’80 la psicosocioanalisi incontra la psicoanalisi argentina di José Bleger, Enrique Pichon-Rivière e altri e la loro teorizzazione del “gruppo operativo”.
Dopo anni di ricerca, con l’aiuto della “finestra psicosocioanalitica” di Luigi Pagliarani, scopriamo che l’obiettivo del compito è la grande bussola qualunque sia il campo in cui ci muoviamo.
Nella concezione operativa di gruppo è infatti centrale la nozione di compito.
Ogni gruppo è convocato e provocato da un compito; dove per compito si intende il risultato da conseguire.
Pensiamo per esempio ad una riunione di équipe per discutere i casi portati dagli operatori, a un meeting sullo stato di avanzamento di un progetto di lavoro, o a un incontro di un comitato direttivo di una associazione per discutere gli sviluppi futuri.
In psicosocioanalisi il compito assume un duplice significato:
- elemento che organizza e dà senso al lavoro comunica;
- punto di connessione tra la dimensione intersoggettiva e quella intrasoggettiva; tra il conscio e l’inconscio, tra il manifesto e il latente.
Ogni gruppo che si confronta con un compito, oltre che definire metodologie e strategie per raggiungere l’obiettivo, deve anche considerare le fantasie inconsce che possono funzionare come ostacolo all’avvicinamento dell’oggetto di conoscenza e devianti nella lettura della realtà.
Ogni incontro con un nuovo compito per un gruppo produce infatti un doppio movimento:
- una tensione difensiva;
- una spinta ad andare oltre.
È importante comprendere che un gruppo al lavoro si trova dunque ad affrontare un cambiamento che comporta inevitabilmente un nuovo apprendimento.
La tesi che è alla base della prospettiva del gruppo operativo è che la presenza di un coordinatore (che conosca la tecnica del gruppo operativo), sia una condizione facilitante il lavoro di apprendimento-cambiamento.
Ossia Il coordinatore operativo consente al gruppo di condividere, metabolizzare, socializzare in modo più profondo e consapevole quel sovrappiù che si genera dall’attraversamento del compito latente.
Il sovrappiù che non è immediatamente oggettivabile, potrebbe essere associato alla dimensione progettuale, ossia a quell’apertura desiderante verso il futuro che è la condizione di possibilità per ogni progetto concreto, visibile, tangibile e oggettivamente valutabile.
La presenza di uno staff di coordinamento, che si mantiene dietro e accanto al gruppo, ha lo scopo di favorire non tanto la realizzazione concreta del compito manifesto, quanto piuttosto lo sviluppo della progettualità intesa come funzione della mente individuale e gruppale, che permette un incontro fecondo, nuovo, inedito con l’incertezza del futuro.
Il coordinatore non spinge a fare e quindi si sottrae dalla costante pressione performativa la quale può assumere due aspetti:
- la spinta performativa non coincide con l’operatività;
- la spinta al fare può a volte nascondere una fuga nell’azione che finisce per porre in secondo piano l’apprendimento.
Nel gruppo operativo l’apprendimento avviene come processo di decostruzione e ricostruzione dell’ECRO.
ECRO (Esquema conceptual referencial y operativo) costituisce una cornice, prevalentemente inconscia, che si pone come un fattore aprioristico, dove confluiscono le esperienze pregresse e i pre-giudizi, che costituiscono quella pre-comprensione necessaria ad avviare un’indagine e più in generale a continuare a fare esperienza nel gruppo.