La psico-socianalisi e i suoi sviluppi
L’apparizione della socioanalisi sulla scena culturale italiana può essere collocata temporalmente con precisione.
È Luigi (Gino) Pagliarani che lo racconta diffusamente ne Il coraggio di Venere:
“Elena – Dicevi dell’incontro con la socioanalisi.
- Giusto. E fu appunto un incontro motivato dalla vita. Era l’epoca, siamo un po’ dopo gli inizi degli anni Sessanta, in cui assieme a Fornari e ad altri fondammo il Gruppo Anti-H prima e quindi l’Istituto di Polemologia, altra brutta parola, ma che indica la scienza dei conflitti. […] Il nostro impegno di allora – di fronte al pericolo nucleare – non si limitava alla ricerca ma puntava anche a sensibilizzare ed a responsabilizzare la gente. La cronaca puntuale di quell’attività la trovi in Dissacrazione della guerra, il libro che Fornari ed io compilammo insieme. Cosa scoprimmo? Un comportamento strano. Il discorso sul pericolo atomico e sulla necessità di fronteggiarlo in tempo reale riscuoteva un ascolto appassionato – ricordo assemblee a Milano, Torino, Bologna, Napoli, Locarno affollatissime e calde – che si trasformava in tanti in volontà immediata d’impegno. Devo dire, più precisamente, in “dichiarazione di volontà d’impegno”. Sì, perché nei fatti questi reclutati alla causa della vita, dopo una partecipazione anche solerte, improvvisamente si eclissavano in silenzio. Oppure ci diventavano nemici. […] Scoprimmo così, dopo una ricerca ad hoc, che noi ci costituivamo senza volerlo come delle cassandre. […] E qui è il punto. A quei tempi ci dicemmo: non basta proclamare il pericolo, anzi è dannoso, se contemporaneamente non è chiaro pure il modo con cui riuscire realisticamente a responsabilizzare le persone. Così ci mettemmo alla ricerca, in particolare io, di una tecnica di responsabilizzazione. “Tecnica R” la chiamavo. Su questo sentiero m’imbattei nel primo testo di Elliott Jaques: era la risposta alla domanda. Grazie alla socioanalisi capimmo che se non esiste un equilibrio tra il livello d’ansia mobilitato da un certo compito ed il livello di tolleranza dell’ansia posseduto dalla persona chiamata ad assumerlo, quel compito risulterà impossibile, psicologicamente prima di tutto. […] Ma per tornare al compito impossibile, eccedente il grado di sopportazione, l’individuo – o il gruppo – per non soccombere inventerà ogni possibile razionalizzazione pur di liberarsene. Con la scoperta di questa legge, l’Istituto di polemologia diventò una fucina di socioanalisi: training, ricerca, applicazioni. Però l’esistenza dell’istituto diventò, anche sempre più tormentosa.
Tra la fine degli anni ’70 e la prima metà degli ’80 L. Pagliarani ripensa e arricchisce la socioanalisi ridefinendola come “psico-socioanalisi”.
Il pensiero e l’opera di L. Pagliarani sono ben rappresentati ne L’angoscia della bellezza, il film che Dario D’Incerti realizza nel 1997 montando con sapienza artistica e rigore teorico le riprese cinematografiche di una lunga intervista realizzata a Vacallo, il paese del Canton Ticino che sta sopra Chiasso, dove c’è la casa della famiglia della moglie, in cui L. Pagliarani, per moltissimi anni, ripartendo le sue settimane con la casa-studio di Milano, oltre a vedere pazienti e a fare supervisioni, ha studiato, scritto e tenuto seminari.
Dalla scomparsa di L. Pagliarani, avvenuta nel 2001 fino ad oggi, al netto delle dinamiche istituzionali di Ariele (e da quelle inter-istituzionali con gli altri luoghi dello sviluppo del pensiero psicosocioanalitico), gli allievi, in base alle diverse inclinazioni e interessi professionali, riprendono elementi diversi del lascito di L. Pagliarani.
Sul piano concettuale, sono le questioni del puer e della bellezza quelle su cui più si concentra l’attenzione e, col tempo, la consapevolezza che una loro fondazione teorica richieda un ulteriore sforzo di elaborazione.
Sul piano delle modalità d’intervento, i campi sono molteplici:
- il gruppo (tra l’interpretazione personale che Pagliarani aveva dato al metodo del “gruppo Balint” – la sua “bottega degli autocasi” – e l’approfondimento della “concezione operativa di gruppo” di Enrique Pichon-Rivière);
- la consulenza al ruolo, quale sostegno al Faber nella sua inesauribile ricerca di senso nel lavoro e nell’appartenenza all’organizzazione;
- l’OD (Organisation Development) a orientamento clinico, sfidato dalla profonda trasformazione delle organizzazioni contemporanee; la polis, di cui il Pagliarani “politico” aveva fatto innamorare (o re-innamorare) più di una generazione di allievi, motivata dal bisogno di superare le delusioni e le frustrazioni delle esperienze sociali e a trovare una chiave in grado di dare loro un senso possibile.